Identità Barocca

 

LECCE – Sempre in ottica di crescita, con un repertorio vasto bilanciato tra classico e contemporaneo di cui i suoi danzatori si fanno ugualmente convincenti protagonisti, il Balletto del Sud ha debuttato a novembre, al Teatro Apollo di Lecce, con un nuovo titolo: Jonio-Sud-Barocco.
A firmarlo è il fondatore e coreografo Fredy Franzutti su musiche di Johann Sebastian Bach eseguite dal vivo dai professori dell’Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento (OLES): un lavoro in tre quadri il cui titolo in acronimo forma le iniziali del grande compositore.
Così in Jonio-Sud-Barocco Bach trova sinestetica corrispondenza nella danza cesellata su celeberrime pagine musicali per archi a partire dal Concerto per violino n. 1 in la minore, dall’Aria sulla quarta corda e dalla perla delle composizioni tardo barocche — fonte di ispirazione anche per Balanchine negli anni quaranta del secolo scorso: il Concerto per due violini in re minore.
L’analisi del Sud Italia, in prospettiva storica e identitaria permea la produzione e si trasforma nel primo quadro, Jonio, in un’onda che arriva dal mare. Qui la danza è corale, proietta lo sguardo dello spettatore tra i flutti. Quando si apre il sipario, l’impatto di una massa in pantaloni e t-shirt blu e azzurri è potente; densità di presenze (tutti i 23 ballerini) e concitazione di movimento ricordano un mare tempestoso da cui emerge una coppia di protagonisti, Nuria Salado Fusté e Oriòn Picò Plaja, orgogliosi conquistatori venuti da est. Nell’abbandono di una narratività esplicita, Franzutti nel secondo quadro racconta una storia attraverso la figura di una donna, la brava Alice Leoncini, circondata da un gruppo di uomini che sembra dominarla. La condizione femminile tra le mille contraddizioni di un Sud pervaso di difficoltà, eppurdi irresistibile fascino, ambivalenza più volte denunciata con dolorosa sincerità dal grande letterato salentino Vittorio Bodini a cui Franzutti dichiara di ispirarsi. Qui il coreografo sfodera un vocabolario coreografico pieno di sorprese in un quadro scaldato da luci ocra che fanno risplendere le due colonne con capitello in pietra leccese poste ai lati della scena sul fondo, cornice imponente al gruppo di musicisti e insieme memento di un passato classico stratificato nei secoli.
Chiude Barocco, un pezzo che non poteva non colmarsi di orpelli, di sfilate, di virtuosismi, di colori. La compagnia dà sfoggio di sé come alla Corte del Re Sole: assoli, terzetti, coppie che si modellano in un susseguirsi di lift, acrobatici salti, diagonali forsennate; gli stili si sovrappongono e il codice accademico — che nel secolo nasceva — incontra passi dei balli di corte nei corpi avvolti da costumi dalle fogge strutturate e impreziositi da pizzi macramè. Tutto concorre al superamento dell’horror vacui, come l’ostentata bellezza architettonica di Lecce ci rammenta in ogni suo angolo.
Maria Luisa Buzzi

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